Marvel IT presenta
# 16 – Padri
e figli /4
di Carmelo Mobilia
Guest Star:
Mentre percorreva in auto il tragitto che portava da
casa sua alla clinica della Oscorp, Ben Reilly continuava a ripetersi che “non poteva
essere vero”. D’altronde qualunque padre si rifiuterebbe di credere che il
proprio figlio, per di più malato, si possa essere trasformato in un mostro e
aver compiuto una strage. La Oscorp, in cui sui figlio David era ricoverato,
voleva dire Norman Osborn, la persona più simile al Diavolo che Ben conoscesse.
L’uomo che aveva assassinato un’innocente ragazza lanciandola da un ponte.
L’uomo che era arrivato a privarlo della stessa vita, una volta (i dettagli
sulla sua resurrezione sono lunghi, sorvoliamo [1] ) . Ma se per caso ci
fosse entrato, anche in minima parte, con quanto era accaduto al suo bambino,
questa volta lo avrebbe massacrato. Lo avrebbe colpito con tutta la sua forza
di ragno, fino a frantumargli quella testa coronata di quegli assurdi capelli
rossicci. Continuava a ripeterselo nella sua testa fino a quando davanti al lunotto dell’auto apparve l’agognata
clinica. Appena entrati lui ed Helen corsero di furia verso Elizabeth Tyne, che
appariva visibilmente sconvolta. Non appena lo vide comparire lungo il
corridoio, la ragazza si gettò nelle braccia di Ben.
<Oddio, meno male che sei qui ...> disse
singhiozzando.
<Cos’è successo?> domandò Ben, pur avendolo
sentito dalla bocca di Helen una mezz’ora prima.
<La c-cura ... quella che hanno somministrato a
David ... dicono che l’hanno ricavata da u-un... non ho capito nemmeno cosa...
ma l’ha trasformato in un mostro! Ha ucciso dei dottori e ha sfondato una
parete! Ma com’è possibile, Ben?> chiese fra le lacrime <In cosa hanno
trasformato il mio bambino?>
Ben l’abbracciò calorosamente.
<Andrà tutto bene, vedrai. Vado a parlare con i
dottori, e poi andrò a riprenderlo. Non temere, lo riporterò a casa. Te lo
giuro!>
Helen comprendeva che, date le circostanze, Ben doveva
essere premuroso e conciliante verso di lei; tuttavia quello che la mente sa
molto spesso il cuore ignora, e dentro di se si sentiva esclusa e infastidita
da quel particolare legame affettivo che li univa.
Ben si diresse verso i suoi colleghi mentre questi
stavano interrogando i medici sopravissuti al massacro; nel corridoio di destra
infatti c’era un intera equipe medica smembrata, fatta a pezzi. I suoi colleghi
del CSI avevano coperto con dei lenzuoli bianchi i cadaveri delle vittime, ma
le pareti erano ancora imbrattate con il sangue dei dottori. Ben si sforzò di
non guardare e, mostrando il suo
distintivo, si unì agli altri poliziotti mentre prendevano le dichiarazioni dei
sopravissuti. Il dottor Brian Snyder aveva avuto in cura David a New York, ed
era stato lui a suggerire la cura:
<E’ s-stata una reazione del tutto inaspettata ...
lo capite? Non era a questo che ci aspettavamo ... i-il trattamento doveva
essere qualcosa di rivoluzionario ... poteva guarire le infermità, gli storpi
... il simbionte aveva doti rigenerative che ...> quando sentì quella parola
Ben trasalì.
<Il simbionte? Hai detto il simbionte??> domandò
con veemenza, afferrandolo per bavero.
<Ehi, datti una calmata Reilly... fallo parlare
...> ma Ben non sentì ragioni e continuava a “ringhiare” verso il dottor
Snyder.
<HAI SOMMINISTRATO A MIO FIGLIO UN RICAVATO DEL
SIMBIONTE??> urlò.
<N-Non doveva agire così ... i-il simbionte si è
riprodotto nel suo flusso sanguigno ... ma non avrebbe dovuto farlo! Io e il
dottor Allen volevamo ricavarne un siero rigenerante capace di riparare ogni
tipo di tessuto danneggiato ... ma non capite? Sarebbe stata una svolta per
l’umanità...> continuava a ripetere frasi di questo genere, di come avrebbe
rivoluzionato la medicina e di come avrebbe salvato delle vite, ma Ben pensava
solo a quell’orribile cosa che s’era impadronita di suo figlio. Poco distante
da dove stavano interrogando Snyder, c’era una donna che non smetteva di
piangere. Era terrorizzata, in stato di shock. Era l’infermiera Claire Murphy,
che aveva assistito alla scena:
<Glielo avevo detto al dottor Allen... glielo avevo
detto!> gridò disperata < Quella cosa era disgustosa ... s-sembrava viva!
N-Non era di questo mondo.... ma come si può iniettare una cosa di quel genere
ad un bambino!!! Oddio...> riprese a piangere e a singhiozzare. <Sembrava avvolto in un bozzolo di sangue
... a-aveva delle zanne, e artigli... era un mostro! Ha staccato di netto la
testa al dottor Allen ... lo ha decapitato! E tutti gli altri... tutto quel
sangue....> venne presa da una crisi isterica e gli infermieri la portarono
via.
Ben chiese ed ottenne di poter osservare i filmati
delle telecamere della vigilanza, e ciò che vide gli raggelò il sangue nelle
vene. Era perfino peggio di come l’aveva descritto quella povera infermiera.
Ben conosceva bene quel mostro: avevano trasformato il suo bambino in una
creatura in tutto e per tutto simile a Carnage, e compiuto una strage. Aveva
avuto sin troppo a che fare con quel genere di extraterrestri ed egli stesso
era stato posseduto dal simbionte del fu Cletus Kasady, quando giocava a fare
l'Uomo Ragno. Un esperienza terribile. [2] L’angoscia e la disperazione lo pervasero
fin nelle viscere, ma lottò per apparire calmo per non turbare ulteriormente
Elizabeth. Tornò dalle ragazze, ma vide che Helen era da sola.
<Dov’è andata Elizabeth?>
<Era ancora talmente agitata che i dottori le
stanno somministrando un sedativo ... tu cos’hai scoperto?>
<Mio Dio, è peggio di quanto temevo... l-lui ... E’
mio figlio Helen ... e l’hanno reso un mostro... > stava per cedere, per
abbandonarsi alle lacrime, ma Helen lo abbracciò per consolarlo.
<D-Devo andare a cercarlo, Helen. Devo trovarlo
prima che faccia del male a qualcun altro ... ti dispiace rimanere con
Elizabeth? Non voglio che rimanga da sola.>
<No, vai tranquillo, resto io. Solo, ti prego, sta
attento.>
Lei gli fece una carezza, dopo di che Ben uscì
dall’edificio, ma non si diresse all’auto, bensì in un vicolo: si tolse le
scarpe, annodandone i lacci e appendendosele al collo, e si arrampicò sul muro,
arrivando fino sopra al tetto. Una volta giunto lì si tolse i vestiti e rimase
in costume. Da uno degli astucci che aveva legati alle caviglie estrasse un
minuscolo apparecchio:
<E’ l’occasione di vedere se questo mio giocattolo
funziona e se può davvero essermi utile ...>
L’aveva ricavato da una delle radio della polizia, una
di quelle che utilizzava quand’era di pattuglia: era di dimensioni più piccole,
ma il segnale era molto più potente: aveva una portata molto più ampia, in
questo modo poteva collegarsi ad ogni volante nelle vicinanze. L’appese alla
fibbia della sua cintura e cominciò a librarsi in aria appeso alle sue tele, in
attesa che la radio gli comunicasse un qualche avvistamento di quella creatura.
La cosa però non andò come previsto.
Passò un’ora, e niente.
Passò un’altra ora, e niente.
Passò ancora un’altra ora e di nuovo niente. La cosa
andò avanti così per parecchio tempo, in diverse parti della città, ma né il
senso di ragno né la sua trasmittente captarono nulla.
Iniziò a sentirsi frustrato e furioso. Si appollaiò in
cima ad un elevato palazzo per rifiatare. Definirlo turbato era un eufemismo.
Anche la stanchezza cominciava a farsi sentire: solo qualche ora fa si era
battuto con Hobgoblin e per poco non ci aveva rimesso la pelle. Ripensò al
piccolo David, e non poteva che sentirsi responsabile: come padre era stato
assente, e la degenerazione dei tessuti era dovuta al suo patrimonio genetico
alterato, dovuto al fatto di essere un clone creato in laboratorio, e adesso
era stato fuso ad uno dei suoi più mortali nemici. Niente male come eredità
paterna, non c’è che dire. Non gli aveva procurato nient’altro che guai, a quel
povero bambino. Ma adesso doveva rimediare. In un modo o nell’altro, lo avrebbe
salvato. Anche a costo di rimetterci la vita.
La notte di ricerca fu infruttuosa. Rientrò in casa
dalla finestra, e trovò Elizabeth addormentata sul divano, avvolta in una
coperta. Helen lo accolse, ancora sveglia nonostante l’ora tarda.
<Trovato niente?> gli domandò.
<No... nulla. Ho cercato in tutta la città ma
nulla.> rispose togliendosi la maschera. La pungente barba cominciava a
crescere ispida sul suo volto, e pesanti occhiaie s’erano formate sotto i suoi
occhi.
<Ben ... hai un aspetto tremendo....devi
riposarti.>
<No, non posso ancora farlo ... lui è ancora là
fuori. Devo trovarlo. Mi faccio una doccia, mangio qualcosa e....>
<Guardati! Sei stravolto, esausto! Sei sul punto di
crollare... così non potrai certo essergli d’aiuto. Togliti il costume e fatti
qualche ora di sonno. Vedrai che dopo che ti sarai riposato...>
<Ma non capisci, Helen? Io devo fare qualcosa per quel bambino! Non ho mai
fatto nulla per lui, gli ho solo procurato una montagna di guai! Io ...>
<Sssssh... non pensarlo neppure... non è colpa tua.
Hai capito? Non è colpa tua! Non sei stato tu a mischiarlo a quella... cosa.
Non dannarti l’anima con il senso di colpa come al tuo solito... tu non centri
nulla! Ora sdraiati, riposati... recupera un po’ di forze... e domani che
domani andrà meglio. >
Lo fece adagiare sul letto, si sdraiò accanto a lui e
in poco tempo caddero entrambi in un sonno profondo.
Da qualche parte a San Francisco, qualche notte più
tardi.
Spiegare cosa stia accadendo nella mente di David Tyne
non è per nulla semplice: come si può descrivere quello che sta passando un
bambino di quattro anni solo e terrorizzato, che però condivide pensieri e
sensazioni con una creatura parassita aliena? Il simbionte aveva ormai preso il
controllo, David vi si era affidato completamente. Anche nelle ore di sonno, ad
esempio, mentre il piccolo non era cosciente egli si spostava in continuazione,
cercando riparo nei vicoli oscuri e nutrendosi di rifiuti dai cassonetti. Era
riuscito a non farsi trovare, a rimanere nell’ombra, quando quella sera
qualcuno lo sentì rovistare tra le pattumiere nel vicolo dietro al Burger
King:
<Ehi amico, non t’arraffare tutto ... lasciane un
po’ anche per noi!> a parlare era uno dei senzatetto che spesso veniva qui
dietro per cercare di che sfamarsi. Si avvicinò al cassonetto, cercando con lo
sguardo di distinguere il “rivale” che gli contendeva gli avanzi: all’inizio
credeva che la sua vista fosse offuscata dalla quantità d’alcool che aveva
trangugiato per riscaldarsi, ma ben presto si accorse che quella cosa non era
un uomo: era come se fosse un enorme grumo di sangue che aveva forma umana. La
creatura si volse di scatto, fissandolo coi suoi strani occhi e mostrandogli le
zanne aguzze.
<C- COSA CAZZO SEI? STAMMI LONTANO!> urlò, poi
si voltò di scatto per fuggire, lasciando cadere la bottiglia di vino che aveva
con sé. Le grida e il rumore del vetro che andava in pezzi spaventarono David,
che trasmise la sua paura al simbionte a cui era legato, che per tutta risposta
tramutò le sua mani in lunghi e affilati artigli e balzò sul povero barbone e
vi si avventò come una belva feroce. L’uomo emise un grido di paura e dolore
prima di venire smembrato.
Forest Hill, nello stesso momento.
Elizabeth aveva trascorso questi giorni d’ansia a casa
di Ben ed Helen. In altre circostanze sarebbe stata una situazione che definire
“imbarazzante” o “disagevole” sarebbe stato un eufemismo: Lui / lei / l’altra
sotto lo stesso tetto, non molto tempo dopo che il nostro aveva avuto una
“ricaduta” verso la sua ex durante l’assenza della sua attuale compagna. Roba
che nemmeno nelle più intricate soap opera. Ma questo non era proprio il
momento per le questioni amorose irrisolte. No, questo era un momento
drammatico in cui bisognava stare uniti, cercare di mantenere la calma e non
perdere la testa ... più facile a dirsi che a farsi. Quale madre, d’altronde,
non darebbe di matto al posto della povera Elizabeth? David aveva solo quattro
anni e aveva già avuto più problemi di quanti ne possa sopportare un adulto. La ragazza fissava fuori dalla finestra in
attesa che Ben arrivasse appeso ad una delle sue tele e con in braccio il suo
bambino, sano ed illeso. Era una vana speranza, la sua? O il suo povero figlio
era ormai spacciato? Strizzò gli occhi e scosse la testa come a cercare di
scacciare quell’orribile pensiero. Helen arrivò alle sue spalle con una tazza
di camomilla.
<Ecco a te. Spero che ti aiuti a calmarti. >
<Sono piena di tranquillanti, ma non è servito a
niente ...>
<Posso solo immaginare come tu possa sentirti
...>
<No Helen, non lo puoi immaginare... senza offesa,
ma tu non sei madre. Non puoi capire cosa si prova. Preferirei mille volte
essere ancora tra le grinfie di un pazzo come quell’ Omm e della sua perversa
setta [3] che sapere mio figlio fuso con quella.... cosa.>
<Hai ragione,
non sono madre, e non so cosa stai passando ... ma mio padre era un
poliziotto, ed è morto in servizio, per cui so bene cosa si prova quando
qualcuno a cui vuoi bene rischia la vita ... ma noi dobbiamo avere fiducia in
Ben. Sono certa che troverà il modo per guarire tuo figlio. Non è la prima
volta che ha a che fare con quel ... simbionte, mi pare l’abbia chiamato, ed è
sempre riuscito a sopraffarlo, in qualche modo,
e sono certa che ci riuscirà anche stavolta.>
<Spero che tua abbia ragione, Helen ... Cristo
santo... simbionti alieni, divinità antiche, sette religiose, lucertole umane,
pazzi vestiti da folletto... ma in che diavolo di mondo vive, Ben? E tu come
fai a sopportare di saperlo fuori, ad affrontare tutta questa follia?>
<A volte, Elizabeth, me lo chiedo anch’io ... poi
però penso a tutta quella gente per strada a cui ogni volta che esce salva la
vita ... le vittime di rapine, di pestaggi di... stupri ... e che mi sento
fiera di sapere che ha contribuito a rendere questa città un po’ più
sicura.> rispose lei.
L’oggetto della loro discussione, intanto, era ancora
a penzolare tra i palazzi, in attesa di trovare una traccia del suo figlio
mutato. Ultimamente non aveva fatto altro che girare la città in lungo e in
largo in cerca di qualcuno: prima Tarantula Nera, poi Helen e ora David. Si era
pentito di aver chiesto a Jessica Drew di andare a New York per indagare su
Hobgoblin; [4] la Donna Ragno era una detective molto più in gamba e
conosceva San Francisco molto meglio di lui. Il suo aiuto gli avrebbe fatto
molto comodo. Se non lo avesse trovato, a chi sarebbe potuto rivolgere? Prowler
s’era appena trasferito da New York (e gli aveva già salvato la vita) forse
avrebbe potuto aiutarlo nelle ricerche ... certo, conosceva poco la città, ma
loro due insieme di certo avrebbero potuto trovare un modo per rintracciarlo.
Proprio in quel momento, la radio che aveva sulla cinta iniziò a ricevere una
comunicazione:
<<Qui autopattuglia 21, chiediamo rinforzi sulla
Columbus Avenue a North Beach! S-Siamo
attaccati da una specie di ... mostro! Mandate una squadra S.W.A.T.,
stiamo
**ZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZ**>>
<E’proprio qui vicino! Finalmente un colpo di
fortuna, dannazione! Resisti David, sto arrivando!> disse sterzando nella direzione
interessata.
Pochi minuti prima...
<Ehi hai sentito?> disse il poliziotto al
volante.
<Sì, proveniva da lì.> rispose il collega seduto
accanto, indicando il vicolo <Andiamo a vedere.>
Si avvicinarono, dopo di che scesero dall’auto e accendendo
la torcia vi si addentrarono.
<Polizia ... tutto bene?> chiese l’agente
Heywood, ma nessuno gli rispose. Ben presto la luce della sua torcia illuminò
l’enorme pozza di sangue sull’asfalto.
<MANI IN ALTO!> gridò, mentre lui e il collega
puntarono la pistola verso l’oscurità da cui sentirono provenire una specie di
ringhio. Alle vista delle armi puntate
il simbionte scattò balzando sul primo agente.
<AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!> strillò questi
vedendosi quella creatura addosso. L’agente Michaels non credeva ai suoi occhi
e, impaurito da quella vista, d’istinto aprì il fuoco, ma le pallottole
inspiegabilmente venivano assorbite e poi espulse da quella strana membrana
rossa che sembrava viva. Si mise a correre a perdifiato verso la propria auto e
si attaccò alla radio:
<Qui autopattuglia 21, chiediamo rinforzi sulla
Columbus Avenue a North Beach! S-Siamo
attaccati da una specie di ... mostro! Mandate una squadra S.W.A.T.,
stiamo...> non finì di parlare che il simbionte si avventò verso i lampeggianti rossi e blu
posti sopra il tettuccio, distruggendo tutta la parte davanti dell’auto. Il
poliziotto si lanciò lontano dalla macchina smembrata, ma non prima di essere
riuscito a prendere il fucile a pompa d’ordinanza; caricò la cartuccia tirando
l’astina verso il basso e poi sparò verso quella creatura abominevole.
<MUORI, FIGLIO DI PUTTANA!> urlò in preda al
panico, ma neanche i proiettili di quell’arma riuscivano a nuocere all’alieno,
tuttavia, il tentativo di omicidio lo fece ulteriormente infuriare; con un
balzo fu addosso all’uomo, con una zampata lo privò del fucile e lo fece cadere
a terra. Le zanne cremisi di Carnage erano a pochi centimetri dal viso del
poliziotto terrorizzato quando il Ragno Rosso
fece il suo esordio, allontanando il simbionte dal malcapitato agente
con un violento calcio. Finalmente lo aveva trovato ... adesso non rimaneva
altro che sconfiggere il simbionte e separarlo da David ... un gioco da
ragazzi, insomma.
<Non voglio farti del male ... calmati. Voglio
aiutarti.> cercava di parlare con voce pacata, per tranquillizzarlo, ma il
suo aspetto, o meglio il suo costume, avevano rievocato nel simbionte ricordi
dolorosi; i trascorsi di Venom e dell’originale Carnage con il Ragno Rosso e
l’Uomo Ragno erano ancora presenti in lui, nella sua «memoria genetica», e la
sua sola vista lo fece infuriare ulteriormente: cacciando un terribile urlo
animalesco si avventò con ferocia verso di lui, che lo evitò all’ultimo con un
balzo.
C’era poco da stare tranquilli: Carnage aveva la sua
stessa agilità e velocità, inoltre non faceva scattare il suo senso di ragno.
Per la seconda volta nel giro di pochi giorni, il Ragno Rosso non poteva
contare sul suo potere in un combattimento, senza considerare che sotto quel
viscido alieno c’era suo figlio, e dunque doveva limitare i proprio attacchi
per non rischiare di ferire il bambino .... uno svantaggio considerevole. Cercò
quindi di trovare dei punti in suo favore, valutandone i limite e le debolezze.
<La sua mente è quella di un bambino spaventato ...
non ha la malizia di Eddie Brock, né il sadismo di Cletus Kasady. Non è in
grado di utilizzare appieno tutti i poteri di cui può disporre ... come il
forgiare oggetti contundenti. No, li usa in maniera istintiva... non è molto
diverso da Hulk. Devo ...> Una distrazione di troppo e Carnage lo colpì con
il dorso della mano, scagliandolo di forza contro un muro. Era da parecchio che
Ben non veniva colpito con tale violenza... nemmeno Tarantula Nera era così
forte. Quel mostro era incredibilmente potente e pericoloso.
< H-Ha la
stessa forza dei suoi predecessori.
D-Devo trovare un modo p-per neutralizzarlo...> Anche se dolorante e confuso, Ben prese la
mira e sparò dai polsi i suoi dardi stordenti, ma neppure questi intaccarono la
pelle del simbionte. Provò allora con la
sua tela ad impatto, ma il bozzolo di ragnatela non riuscì a trattenerlo a
lungo, riuscì solo a farlo innervosire ulteriormente. Carnage cercò di
affondare gli artigli nelle carni del Ragno Rosso, riuscendo però solo a
strappargli la tuta e a procurargli tre dolorosi tagli sul fianco sinistro. Il
combattimento non procedeva nei migliori dei modi. Non un solo colpo del Rosso
era andato a segno. Le sue ragnatele venivano strappate come fossero
cartapesta. Necessitava di un altro tipo di approccio, se voleva avere la
meglio. Ma mentre rifletteva sul da farsi venne avvolto alla caviglia da alcuni
tentacoli gelatinosi, prolungamento delle dita del simbionte, e sbattuto con
forza contro il cofano di un’auto parcheggiata lì di fronte, mandandolo in frantumi.
<D-David .... > disse con un filo di voce.
Carnage sembrò rallentare per un momento. Rallentò il passo e quando fu a pochi metri dal Ragno
Rosso, ancora visibilmente stordito dall’urto , lo evitò, attirato da
qualcos’altro. Un manifesto sul muro richiamò la sua attenzione ... o meglio,
la persona che vi era raffigurata sopra. Gli era incredibilmente familiare ...
il volto, i capelli .... era qualcuno che conosceva. Era forse... sua madre?
Doveva scoprirlo. Si arrampicò sul muro del palazzo, e una volta in cima spiccò
un balzo e sparì.
Ben rimase profondamente confuso. Cosa poteva averlo
spinto a lasciarlo lì, quand’era ormai alla sua mercé? Chi o cosa aveva
catturato la sua attenzione? Si tirò faticosamente in piedi e si voltò,
cercando di dare risposta a quell’enigma: Il manifesto in questione era la
pubblicità del musical MOULIN ROUGE in programmazione quella sera al Castro
Theatre; ad interpretare Satine era stata ingaggiata la splendida Mary Jane
Watson, ex fotomodella e moglie dell’Uomo Ragno. Ben Reilly venne attraversato
da un brivido di puro terrore.
<Oh mio dio .... ti prego no, no.....>
Al 429 di Castro Street. Castro Theatre.
Il Castro Theatre è uno degli edifici più rappresentativi
di San Francisco: la sua grande insegna rossa al neon è visibile da gran parte
della città, ed è leggibile da entrambi il lati. Nel corso degli anni, durante
la prolungata convivenza con gli esseri umani, il simbionte alieno aveva
imparato parecchie cose sul loro conto, come saper leggere in inglese, appunto.
La creatura era attratta da quella grande scritta luminosa e la inseguì
disperatamente per i tetti dei palazzi, fino finalmente a raggiungerla. Lì
dentro sapeva che c’era quella donna che gli era così familiare. Proprio in
quello stesso momento, Mary Jane era sul palco, proprio durante il duetto
finale, poco prima del momento in cui la povera Satine muore tra le braccia
dell’amato Christian. La performance dei due artisti fu interrotta proprio
dall’arrivo improvviso di Carnage che, sfondando il tetto e distruggendo
l’impianto di illuminazione, tra mille scintille balzò direttamente sul palco.
Alla vista di quel mostro immediatamente si scatenò il
panico fra gli spettatori, che fuggirono urlando. Le loro grida spaventarono il
simbionte che emise un grido feroce in risposta. Anche gli attori sul palco
scapparono, compresa MJ, che conosceva bene quel mostro, ma il correre con i
tacchi alti di scena non fu facile, e dopo pochi passi mise giù male il piede,
procurandosi una storta. Rimase distesa sul palcoscenico. Carnage era in piedi
di fronte a lei. Nella mente della creatura i ricordi del simbionte e quelli
del piccolo David si fusero, mandandolo in confusione: il simbionte ricordava
il volto di quella donna grazie ai residui della memoria di Eddie Brock , ma David notava una
somiglianza con sua madre, il punto fermo del suo mondo, di cui sentiva
terribilmente la mancanza. Questo sentimento così forte offuscò la percezione
di Carnage, che non riusciva a mettere fuoco quella donna. Sentiva solo un
insolito legame con lei, un’inspiegabile attrazione. Stava a fissarla, mentre
la donna tremava di paura.
<ALLONTANATI DA LEI!> urlò il Ragno Rosso,
agganciandolo con le sue tele e con un forte strattone, lo allontanò da lei.
<Mary Jane, stai bene?>
<B-Ben? Ma che ci fa lui qui? Peter mi aveva detto
che era morto...>
<Non è Kasady. C’è David lì dentro...>
<David? Tuo figlio? Ma come... ATTENTO!>
L’avvertimento di MJ gli permise di evitare
l’artigliata da parte di Carnage. L’interruzione da parte del Rosso lo rese
ancora più furioso, e allungando a dismisura il suo braccio riuscì ad
afferrarlo per la gola; senza il suo senso di ragno ad aiutarlo Ben non riuscì
ad evitare di venire afferrato.
<GAK! M-Mary J...ane ... s-scapp...a> disse che
un filo di voce, ma la ragazza si muoveva troppo lentamente a causa del suo
infortunio. Era ormai in balia del simbionte, lunghi artigli rosso sangue
stavano per calare sulla sua faccia mascherata ... quando improvvisamente, il
sipario prese fuoco: l’incendio era stato provocato da uno dei riflettori
precipitato dall’arrivo di Carnage. La vista delle fiamme che si propagavano
spaventò il simbionte, che mollò la presa attorno alla gola di Ben e si portò
le mani in faccia. Il Ragno Rosso capì immediatamente che quella era la chiave
della vittoria: Carnage era doppiamente terrorizzato da quello spettacolo; sia
l’alieno che il bambino di quattro anni che aveva posseduto temevano il fuoco
più di ogni altra cosa. Si fiondò su un pezzo di traliccio dell’impalcatura
distrutta e lo avvolse con un pezzo di stoffa del sipario: agitando il drappo
infuocato davanti alla sua faccia riusciva a tenerlo a bada e distante da MJ.
Ora non rimaneva che la parte più difficile: riuscire a staccarlo dal corpo di
David. Il divampare delle fiamme fece scattare l’allarme antincendio e anche il
suono dell’allarme agitò ulteriormente il mostro, che pareva temere il suono
incessante della campanella. Ben sapeva quanto suo figlio stesse soffrendo;
anche lui tempo fa a New York aveva avuto la stessa esperienza ed era una delle
più dolorose ed inquietanti che avesse mai avuto in vita sua. Aveva il cuore
gonfio di disperazione, ma non vedeva altra soluzione.
Nel frattempo, serrando i denti per lo sforzo e il
dolore, Mary Jane si tirò in piedi e, zoppicando faticosamente, si diresse
dietro le quinte, nella sala della regia. Ogni passo era una fitta, un’agonia,
ma non si fermò e continuò a proseguire. Ancora aveva gli incubi quando le
capitava di ripensare al suo primo incontro con quei simbionti maledetti...
allora era Eddie Brock ad esserne posseduto e l’aveva terrorizzata tanto da
lasciarla in un angolino tremante come una bambina, [5] per questo
motivo Peter le aveva raccontato nei dettagli come ogni volta era riuscito ad
avere la meglio su di essi, per tranquillizzarla, per calmarla, come a
sminuirne la pericolosità. E Mary Jane Watson era tanto brillante quanto bella,
e ricordava perfettamente come quei mostri temessero i suoni acuti: si mise a
smanettare con la console, alzando al massimo il mixer del volume, poi avvicinò
il suo microfono alle casse e queste emisero un fischio acutissimo. Questo
provocò un immane dolore in Carnage: la sua pelle iniziò a ribollire e ad
aprirsi, come tirato da tutte le parti da tante invisibili mani. La parte
scoperta sul ventre si allargò a macchia d’olio, lasciando intravedere il corpo
del piccolo Reilly.
<DAVID!> gridò Ben non appena lo vide, poi
lasciò cadere il traliccio ed emise una ragnatela, che si appiccò al torace del
bambino e lo tirò a se; la simbiosi tra i due era avvenuta da pochi giorni, era
quindi abbastanza recente da non essere ancora diventata permanente , per cui
il corpo si staccò dal simbionte con relativa facilità Ben strinse il bambino
tra le sue braccia: era privo di sensi, pallido, stremato, ma vivo. Inoltre era
tornato al suo aspetto originale, quello di un normalissimo bambino di quattro
anni. Il simbionte, oramai privo si massa, muovendosi come un corpo fluido
scivolò tra le crepe del palcoscenico, scomparendo. L’attenzione di Ben però era totalmente
rivolta a suo figlio:
<Piccolo mio, tesoro ... non temere, adesso sei
salvo, ci pensa il tuo papà ...> sotto la maschera scarlatta, Ben cominciò a
piangere.
***
Qualcuno
degli spettatori scappati dal Theatre ebbe la brillante idea di chiamare i
Vendicatori della Costa Ovest: solo loro
infatti potevano fermare quella “cosa” sbucata dal nulla. Quando “gli eroi più
potenti della Terra” però arrivarono da Los Angeles di quel mostro non vi era
traccia. La sensazionale She Hulk aiutava i vigili del fuoco a domare
l’incendio, USAgent rispondeva alle domande dei giornalisti curiosi, mentre
Aracne si allontanò con una scusa per appartarsi sopra il tetto di uno dei
palazzi poco distanti.
<Ben?>
<Sono
qui Julia. Grazie per essere venuta.>
<Quando
al TG hanno fatto il tuo nome ho insistito per venire anch’io. So che sei
ricercato per omicidio, ma se vuoi posso intercedere per te con i
Vendicatori.>
<Non
è per me che te lo chiedo ... è per lui... >
<Chi
è quel bambino?>
<Lui
... è mio figlio ... ed è appena uscito da un inferno ...>
Il
Ragno Rosso gli raccontò di quanto accaduto al bambino nelle ultime ore. Era
visibilmente provato, disperato. Anche Julia Carpenter era una madre, e
comprendeva benissimo quello che Ben stava passando. Inoltre pochi anni fa suo
“fratello” Peter l’aiutò a salvare sua figlia Rachel dalle grinfie di un pazzo
criminale [6] , per cui si sentiva doppiamente in dovere di aiutarlo.
<Non
dire altro. Non temere, Il dottor Pym
saprà come aiutarlo. Vado a spiegare come stanno le cose agli altri e ti vengo
a prendere con il Quinjet.>
<Grazie
Julia. Dio ti benedica.>
<Non
dirlo nemmeno. E’ per questo che abbiamo composta la “Società dei Ragni”
no?> gli rispose sorridendogli.
Sarebbero
state molte le domande da fargli, ma trattandosi di un bambino malato e avendo
avuto già a che fare con lui (o quantomeno con l’Uomo Ragno) nessuno dei
Vendicatori aprì bocca; anche molti di loro avevano un’identità segreta, e
rispettarono la sua privacy. Il Ragno Rosso attendeva fuori dal laboratorio con
aria impaziente. Aracne gli portò un caffè caldo.
<No,
grazie ... in questo momento non posso ingerire nulla. Senti, ma non posso
entrare? L’attesa mi sta uccidendo ... anch’io sono uno scienziato e forse
potrei ...>
<Il
dottor Pym è un’autorità mondiale, una delle menti più brillanti di questo
secolo. Tuo figlio non potrebbe essere in mani migliori, credimi.>
<Lo
so, conosco la sua fama ... tuttavia io ...>
Quasi
come se volessero mettere a tacere le lamentele del Rosso, le porte del
laboratorio si aprirono, lasciando uscire Henry Pym, senza la maschera ma con
addosso l’uniforme da Calabrone sotto il camice bianco.
<Ok
Ragno Rosso entra. Ho buone notizie.>
<Come
sta il bambino?>
<Stando
a quanto mi hai raccontato ... e dalla cartella clinica che mi sono fatto
mandare dalla Oscorp, il bambino soffriva di una degenerazione dei tessuti che
lo portava ad invecchiare precocemente. Bene, ho ripetuto le analisi tre volte
e i risultati sono gli stessi; non vi è più alcuna traccia di essa. Sono
convinto che il prolungato contatto con il simbionte alieno gli abbia trasmesso
delle facoltà rigenerative che hanno fermato la malattia.>
Ben tirò un grosso sospiro di sollievo e
dentro di se mormorò una preghiera. Poi chiese:
<Qualche
tempo fa anche io sono stato posseduto da quella creatura ... come mai a me non
è successo?>
<Il
simbionte si è formato dal suo DNA ... il loro legame genetico era più profondo
di quello che puoi aver avuto tu... ma viceversa anche il bambino ha trasmesso
ad esso alcune sue caratteristiche ... la paura, l’inconsapevolezza, la bassa
soglia del dolore ... per questo ti è venuto così facile separarli. Quella
creatura ha dei poteri stupefacenti, vorrei analizzarne un campione ... hai
detto che non ne è rimasto nessuno, al teatro?>
<Mi
creda, se così fosse lo avrei bruciato io stesso. Nulla di buono può provenire
da quell’essere, dottore, e preghi il suo Dio di non sentirne parlare mai
più.>
<Si
probabilmente hai ragione... dimentica la mia domanda. Per esperienza
personale, so che alle volte spingersi troppo oltre con certe ricerche provoca
enormi danni, al di là delle buone intenzioni che si hanno... in ogni caso,
terrò un campione di sangue nel mio laboratorio, il bambino potrebbe sviluppare
in futuro dei poteri superumani. Non so
in che rapporti tu sia con il bambino e non m’importa, Ragno Rosso, ma è
evidente che ne gli sei affezionato: se dovesse manifestare qualche insolito
potere, non esitare a contattarci. Non devi fare tutto da solo come il tuo
omologo di New York. >
<Lo
farò. Grazie, dottor Pym.>
San Francisco , The Donatello Hotel. Qualche ora più tardi.
<MJ? Posso entrare?>
<Si Ben, entra pure ...>
<Ero venuto a vedere come stai ...>
<Potevi passare domani... guarda che ore sono. Sarai
distrutto.>
<Il peggio è passato, e il Quinjet dei Vendicatori
è velocissimo. Sto bene tu piuttosto ...>
<Oh non ho nulla ... niente di rotto, solo una
distorsione. Una settimana e sarò di nuovo in scena.>
<Sei sicura? Non mi sembrava una cosa così lieve...
non vorrei che forzassi troppo. Io...>
<Sto bene, te l’ho detto. Piuttosto, dimmi di tuo
figlio ... cosa ti ha detto il dottor Pym?>
< Alla fine il trattamento lo ha guarito... le capacità
rigenerative del simbionte hanno fermato la degenerazione cellulare. Non tutto
il male viene per nuocere, in fondo.>
<Beh
ringraziamo il cielo, allora. Ma com’è successo? Come ha fatto tuo figlio a
farsi infettare da quello stramaledetto parassita alieno?>
Ben
gli fece un solo nome:
<Osborn
...>
<Lui?
C’è lui dietro tutto questo?>
<Si.
Pare volesse usarlo come cavia per trovare una cura per la sua malattia.>
<Che
se lo porti via. Quell’uomo è veramente un demonio.>
<Già
... ma adesso ciò che conta è che David stia bene. >
<Dov’è
adesso?>
<Con
sua madre. Ha affittato un appartamento vicino Ashbury Street.>
<Almeno
puoi andarlo a trovare quando vuoi, è una buona cosa.>
<Uh
beh... si, penso di si. Senti MJ io ero venuto anche per un altro motivo ...
volevo scusarmi con te per averti messo in pericolo e per averti rovinato lo
show; so che questo spettacolo è molto importante per la tua carriera e io
....>
<...
hai evitato che quel mostro mi assalisse. Non è stata colpa tua Ben. E non
preoccuparti per lo spettacolo, ormai ci siamo abituati ... alla prima a New
York è arrivato lo Scorpione a rovinarcelo. Comincio a pensare che ci sia una
maledizione sopra ...>
Ben
sorrise.
<Peccato
avrei voluto venirlo a vederlo assieme ad Helen. A proposito, ti manda i suoi saluti. Voleva venire a
trovarti, ma vista l’ora da lupi ho pensato..."
<Sta tranquillo Ben, capisco perfettamente...> rispose laconicamente lei.
I due si abbracciarono.
<Stammi bene rossa. A da un bacio a
May da parte mia.>
<Sarai servito, tigrotto.> disse
lei affettuosamente.
EPILOGO:
Era quasi l’alba ormai.
Dopo diversi giorni trascorsi senza riuscire a chiudere occhio, divorata
dall’ansia, Elizabeth Tyne finalmente stava trascorrendo una sana notte di
sonno, sapendo che nella stanza accanto il suo bambino dormiva tranquillo e
beato. Il Ragno Rosso stava appollaiato sul cornicione della finestra della sua
camera, che lo guardava riposare. Quante ne aveva passate, quel povero bambino
...quanto dolore, quanta paura.
<Ma ora e tutto finito,
piccolo mio.> disse Ben con un filo di voce, entrando nella camera e
togliendosi la maschera.
<Da adesso in poi il
papà non ti lascerà più da solo e ti proteggerà sempre.> disse dandogli un
lieve bacio sulla fronte. Poi si rimise la maschera e senza far rumore uscì
dalla finestra. Non appena abbandonò la stanza, il piccolo David fece un ampio
sorriso.
Le Note
Uff, che fatica che è stato questo numero ...
fin dalla scelta del titolo. Io che, come sapete, amo le citazione
cinematografiche, ero orientato su “Sono
suo padre” (come il film interpretato da Tom Hanks, Daniel Craig e Paul
Newman “Era mio padre”) ma poi, per
chiudere il cerchio, ho scelto questo, già utilizzato nella nostra serie.
Non potevo credere che in Marvel IT gli altri
scrittori ragneschi s’erano liberati di Carnage ... e dire che è stato uno dei
villain di maggior rilievo, negli anni ’90. Per chi non lo sapesse, nella
nostra continuity interna, Eddie Brock e Cletus Kasady sono stati privati dei
rispettivi simbionti, che si sono fusi in un unico alieno e rinchiuso in uno
del laboratori della Oscorp. Da allora il simbionte ha vagato per il nostro
universo narrativo mescolandosi, con fortuna alterna, a vari personaggi. Io
però, dopo aver recuperato nel numero scorso un altro storico villain del
ragnetto, Hobgoblin, desideravo rimettere in circolazione un nuovo Carnage. La
scelta dell’alias con cui fonderlo non è stato per nulla semplice (in ballo
c’erano ben tre candidati) ma alla fine ho optato per David,il figlio del
nostro eroe, cogliendo l’occasione di curarlo dalla sua malattia.
E adesso? Sentiremo ancora parlare di Carnage?
Io sono abbastanza sicuro di si.... J
1 = Se volete saperne di più, andate a
rileggervi i primi numeri della serie MiT “Webspinners”.
2 = Nella saga “Web of Carnage” su Sensational Spider-Man #3, Amazing Spider-Man
#410, Spider-Man #67, and Spectacular Spider-Man #233
3 = Nella serie dell’Uomo Ragno Mit
num. 73/76
4 = Nel numero scorso.
5 = Prima apparizione di Venom, The Amazing Spider-Man #299 (Aprile 1988).
6 = In “Avengers West Coast” num. 84/86
(luglio – settembre 1992)
Rimanete sintonizzati!
TWIMP! J
Carmelo Mobilia